La quarta lettera

Gianfranco Lauretano - La quarta lettera

LE MANI

Non garantisco per le mani.
Scappano un po’ dappertutto
anche nel prato tra le vipere
e tra il prato di te vipera.
Perché non mi appartengono
hanno una mente diversa, io
intristisco e mi perdo mentre
loro fanno festa e mi danno
allegria le volte che ascolto
e tanto lo so che non parlo
e ascolto lo stesso.

DIALOGO DELL’INNOCENZA

«Prima di addormentarmi pensavo
che dobbiamo morire e allora
pensavo perché sono stato creato
se dopo dobbiamo morire e mi
sentivo con le mani gli occhi
e sentivo che piangevo e allora
non ci ho più pensato».

IL BACIO

Vicini. Il riflesso dell’esitazione
le labbra come bambini usciti dal mare
che hanno freddo, una soglia aperta
sulla vertigine. Quindi la sapienza
si ricrea: esisti, oltre me. Vicina.

TEMPERANZA

Si può di nuovo il desiderio
non solo carne è l’amore
anche lucidità e purezza
anche l’acqua che scivola
nitida nel profondo, il fiore
la grazia, il tono sereno. Poi
la tranquillità degli occhi chiari.
Viene qualche limpido
frammento, la sera si chiude
calda e discreta, il petto
germoglia ora nell’ascolto
sono precisamente il fruscìo
la sorgente. Il lago verrà…
l’importante è il brivido
della roccia percorsa dal rio
lo smeraldo. Nulla d’esatto.
C’è però questa intuizione
di un respiro.
Dipingerla
sarebbe tradirla, il corpo
non ha bisogno di colori
la voce, i gesti efficaci
e non studiati, la mano
che compie solo i movimenti
necessari. Passeranno le lune
e l’attesa mai ha porto
sicurezze… forse sparirà
nella pianura incomprensibile
nel progetto dei celesti
forse vidi chi non c’era.
Ma un disegno è rimasto e io
desidero.